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La mia Nota dopo l’annuncio della Manovra “lacrime e sangue” di de Pascale

14 Febbraio

Michele De Pascale sapeva che c’erano dei problemi enormi di bilancio e avrebbe dovuto dichiarare, già in campagna elettorale, in che modo avrebbe inteso correggerli. Anche davanti al giudizio di Parificazione della Corte dei Conti sul bilancio 2023 che metteva in evidenza l’equilibrio economico-finanziario precario del servizio sanitario regionale, si è limitato a ripetere che sarebbero dovute aumentare le risorse trasferite dal Governo. Apprendere dai giornali di una manovra di bilancio “lacrime e sangue” che avrà un impatto così importanti per la vita delle persone, senza aver avuto, come Consiglieri regionali, alcun tipo di anticipazione o interlocuzione in Commissione, dimostra il modus operandi di questa Giunta.

Prima di aumentare le tasse occorrerebbe capire come vengono spesi i soldi della fiscalità generale. Il problema più grande lo abbiamo in sanità: perchè la Regione Veneto, pur con il nostro stesso numero di abitanti e con livelli di servizio analoghi ai nostri, non è andata in passivo, risultato impossibile per noi?

Non è vero che va tutto bene. La prima domanda che ho fatto dopo il mio insediamento come consigliere è stata sul costo dei Cau e, a quella domanda, ancora non c’è stata risposta. Forse, prima di alzare le tasse, ci si dovrebbe chiedere perché in Emilia-Romagna viene erogato il doppio di prestazioni diagnostiche per abitante rispetto alla Lombardia, pur trattandosi di contesti paragonabili dal punto di vista epidemiologico, e perché, nonostante tutte le promesse sulle liste di attesa, la Lombardia riesce ad erogare il 50% in più di prestazioni cliniche (visite terapeutiche) per abitante rispetto alla nostra Regione senza andare in rosso? (Rapporto Oasi 2024). Non è solo un fatto di finanziamento!

Questo è solo uno dei temi che andrebbe approfondito per capire come rispondere ad una situazione che impone una visione complessiva nuova, in grado di reggere le sfide di una popolazione che diventa sempre più anziana e in cui è sempre più alto il numero dei malati cronici e dei non autosufficienti.

C’è un’altra questione che vale la pena sollevare. Sul piano delle entrate e della leva fiscale è necessario un cambiamento di rotta. Un calcolo dell’Isee che non tenga conto del numero dei figli, della presenza di anziani o di persone con disabilità all’interno del nucleo famigliare è profondamente ingiusto. Una soglia Isee che consideri già possibili aumenti a partire da 28.000 euro ha il solo effetto di allargare la platea delle persone in difficoltà ed accompagnare il ceto medio direttamente in quello povero.

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